Bambole di papavero

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smilla_e_la_neve
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Bambole di papavero

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Bambole di Papavero
Pioveva. Ed era una pioggia fine e battente, di quelle piogge d’inizio giugno che sollevano calore dall’asfalto bollente e che, nello stesso tempo, sprigionano nell’aria quell’odore particolare di cemento e terra bagnata che ti porta lontano dalla città, in qualche luogo mentale per te quasi magico.
I ragazzini del quartiere scorrazzavano qua e là e davano calci ad un pallone. Sbraitavano come sempre e non si curavano né della pioggia, né tanto meno pensavano a quell’estate che, a breve, sarebbe esplosa. Per loro, il mondo finiva poco prima di piazza della Repubblica: tutta la vita era racchiusa in quel sudicio corso che portava il nome di una famosa regina del passato.
Io li osservavo attentamente dalla finestra della mia camera. La pioggia scendeva lenta lungo il vetro e il mio fiato caldo lo appannava leggermente. I miei occhi erano desiderosi di scendere in strada e il mio cuore pulsava all’unisono con il loro, e quasi pareva mi mancasse il respiro, come se stessi davvero inseguendo anch’io un pallone.
Si viveva in quei vecchi e anneriti palazzoni, in quei sacrificati appartamenti, da sempre dispersori di calore a causa degli alti soffitti e da sempre stipati di mobili barbaramente laccati di un colore sanguigno e selvaggiamente illuminati da osceni lampadari in policarbonato: una popolare eredità umanamente lasciataci dagli anni Sessanta. Si era tutti nella medesima corrente: trascinati in chissà quale comune avventura e stregati da una sfera di gomma sporca che solcava le maleodoranti traverse del quartiere e che, spesso, ammaccava un’auto parcheggiata o mandava in frantumi un vetro degli appartamenti a pian terreno, fra i discorsi in dialetto sul sole e sulla pioggia dei più anziani e dei più saggi, i richiami squillanti, ma stanchi delle poche madri apprensive e le mutevoli e affascinanti voci provenienti dai televisori, che, ad ogni ora, urlavano e urlavano e parevano non smettere mai.
La nostra vita scorreva così, lentamente e banalmente, proprio come quella pioggia estiva sul vetro della mia camera. Solo i litigi, esplosi violentemente nel cuore segreto degli appartamenti, ma resi pubblici come ogni cosa in quel quartiere, riuscivano a rompere leggermente la monotonia del tempo e ad agire come un diversivo, almeno fino al loro ingresso nella più consueta delle normalità.

(Dai Quaderni di Zazie. Il mondo attraverso gli occhi di Michele... Correva l'anno 2001)
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Se non puoi essere una via maestra, sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole, sii una stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.


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Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione.
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