Boris Pasternak

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Boris Pasternak

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"L’uomo è nato per vivere,
non per prepararsi a vivere."

Boris Pasternak

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Bisogna avere in sè il caos per partorire una stella che danzi
(F. Nietzsche)


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Re: Boris Pasternak

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Festa di nozze

Superato il limite del cortile,
gli ospiti con I'armonica
si riversarono in casa della sposa
a iar bisboccia fino al mattino.

Detro I'uscio padronale
rivestito di feltro
dall'una alle sette tacquero
gli sprazzi di cicaleccio.

Ma con l'alba, in pieno sonno,
e solo dormire si vorrebbe,
riprese a cantare I'armonica,
lasciando la festa di nozze.

E diffuse il suonatore
di nuovo sull'organetto
i guizzo delle mani, il brillio degli orpelli,
il frastuono e il baccano della festa.

E di nuovo, di nuovo, di nuovo
la garrulità d'una castuska
invase sul letto i dormienti '
dritto dalla bisboccia.

Mentre una come neve, bianca,
tra frastuono, fischi e baccano
di nuovo ondeggiò pavona,
i fianchí dimenando.

E lieve agitava il capo
e la mano desffa
nel ballabile per il selciato,
pavona, pavona, pavona.

D'un tratto la foga e il fragore del gioco,
il trepestio del girotondo,
precipitando in un orido,
sparirono senza traccia.

Si destava chiassoso il cortile,
l'eco d'un tramestio
si mischiava a parole
e a scoppi di risa.

Su nell'immensità del cielo,
turbine di macchie grigio-azzurre,
dalle colombaie s'è levato
nugolo di colombi in volo.

Come se dietro alla festa di nozze,
riprendendosi nel dormiveglia
con l'augurio di molti anni
li avessero mandati all'inseguimento.

Anche la vita è un istante soltanto,
solo un dissolversi
di noi stessi negli altri
come in dono.

Solo una festa di nozze che dal basso
irrompe nelle finestre,
solo una canzone, solo un sogno,
solo un colombo grigio-azzurro.
1953

Boris Pasternak

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Re: Boris Pasternak

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Eva

Alberi stanno presso l'acqua eretti,
e il meriggio dalla riva scoscesa
ha gettato negli stagni le nuvole,
come palàmiti di pescatore.

Rete a strascico, affonda il firmamento
e in questo cielo, come in una rete,
la folla dei bagnanti nuota:
uomini, donne e bambini.

Cinque-sei donne nel vincheto
escono sulla riva senza rumore
e sulla sabbia strizzano
i costumi da bagno.

E a guisa di colubri
si snodano e si attorcono le spire dei filati,
quasi che serpente-tentatore
si nascondesse nell'umido tricot.

Oh donna, aspetto e sguardo tuoi
non mi turbano affatto.
Sei tutta come morsa della gola
quand'è dall'emozione stretta.

Tu sei plasmata come in un abbozzo,
quale riga di un altro ciclo,
come se veramente nel sonno
dal mio costato fossi spuntata.

E subito sfuggita dalle mani
e dall'abbraccio sgusciata,
tu stessa sconcerto e sgomento
e spasmo del cuore dell'uomo.

1956 - Boris Pasternak

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Re: Boris Pasternak

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Agitando un ramo odoroso

Agitando un ramo odoroso
aspirando nel buio questo bene,
scorreva da calice a calice
dal temporale stordito l'umore.

Da calice a calice rotolando
scivolò lungo due, - e in entrambi
come goccia d'agata enorme
restò sospeso, luccica, timoroso.

Il vento che spira pei rododendri
quella goccia appiattisca e tormenti.
È intera non si frange - sono due ancora
che si baciano e bevono.

Ridono e di svincolarsi si sforzano
e di raddrizzarsi come prima,
ma non è dato alla goccia traboccare dagli stigmi
e non si separeranno, nemmeno a tagliarli.

Boris Pasternak

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Re: Boris Pasternak

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Le colline dei passeri

Il petto sotto i baci, come sotto il lavabo!
Invero non per un secolo, non di seguito l'estate scaturisce.
Ecco non notte dopo notte il suono basso delle armoniche
solleviamo dalla polvere, calpestiamo e trasciniamo.
Ho sentito parlare della vecchiaia. Profezie terribili!
Le mani verso le stelle non alzerà risacca alcuna.
Dicono: tu non credi. Sui prati non c'è volto,
presso gli stagni non c'è cuore, dio nella pineta non c'è.
Sconvolgi l'anima! Tutta oggi mostrala.
È il meriggio del mondo. Dove sono i tuoi occhi?
Vedi, nelle vette i pensieri si sono smarriti nella bianca spuma
dei picchi, delle nuvole e delle pigne, delle calura e delle conifere.
Qui si sono interrotte le rotaie dei tram di città.
Più avanti fanno servizio i pini.
Più avanti non èpermesso loro di andare.
Più avanti è domenica. I rami separando
la strada si sperderà nel bosco, scivolando per l'erba.
Vagliando il meriggio, giorno della Trinità,
festa all'aperto,
chiede il boschetto di credere: sempre tale il mondo.
Cosi è ideato dal folto, cosi è ispirato alla radura,
cosi su di noi, sui vagli è stato dalle nubi riversato.

Boris Pasternak

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Re: Boris Pasternak

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Poesia d'amore di Boris Pasternak -
Da un poema
(due frammenti)

1
Anch'io amavo, e il respiro
dell'insonnia nelle ore antelucane
dal parco scendeva al dirupo, e nel buio
frullava via all'arcipelago
di spiazzi annegati nella nebbia arruffata,
nell'assenzio, nella menta, nelle quaglie.
E qui si appesantiva lo slancio dell'adorazione,
diveniva ebbro, come ala impallinata,
e piombava nell'aria e cadeva in un brivido
e sui campi si disponeva come rugiada.
E dopo anche l'alba si accendeva. Fino alle due
del cielo infinito sfavillavano le dovizie,
ma ecco che i galli cominciavano a spaventarsi
delle tenebre e si sforzavano di celare il terrore,
ma nelle gole esplodevano fogate,
e la paura si lamentava in falsetto per gli sforzi,
si spegnevano le costellazioni e, come su ordinazione,
con volto da spegnicandele occhi sporgenti,
appariva ai margini il pastore.
Anch'io amavo, e lei è ancora
viva, può darsi. Passerà il tempo,
e qualcosa di grande, come l'autunno, un giorno
(se non domani, forse, in qualche momento del futuro)
accenderà sulla vita, bagliore d'incendio impietositosi
del folto. Della stupidità delle pozze languenti
come rospo per la sete. Del tremore di lepre
delle radure, con le orecchie cucite nella stuoia
del fogliame dell'anno trascorso. Del fragore simile
alla falsa risacca del passato. Anch'io
amavo e io so: come stoppie bagnate
sono dal secolo disposte ai piedi dell'anno,
così di ogni cuore depone amore
la notizia febbricitante dei mondi al capezzale.
Anch'io amavo, e lei è viva ancora.
Come allora rotolando in quell'iniziale mattino
stanno i tempi e spariscono oltre il margine
di un istante. Come allora questo confine è sottile.
Come sempre il più lontano sembra di poco fa.
Come sempre, scomparso dai volti dei testimoni oculari,
impazza l'evento passato, fingendo di non sapere
di non essere più tra noi.
E' pensabile questo? VuoI dire così che pure in realtà
per tutta la vita si allontana, e non dura
l'amore, della sorpresa tributo momentaneo?

1916, 1928
2
lo dormivo. Quella notte vegliava il mio spirito.
Si udì picchiare. Si accese la luce.
Nella finestra irrompeva il racconto della tempesta.
Come mi trovavo aprii -semivestito.
Così chiama la neve. Così bisbigliano i fiocchi.
Così biascicano le bocche dei presagi.
Là l'originale, qui la sbiaditezza delle copie.
Là tutto è inondato di sangue, qui sangue non c'è.
La, rischiarato come un defunto,
dalla finestra con l'errare di un lumino,
di lillà bagna il davanzale
l'intirizzito contorno del ghiacciaio.
E nella notte ginevrina, come nelle chiome
di una meridionale, intrecciate dal sud
fiamme di carrube e albicocche,
orchestre, barche e il riso dell'onda.
E, come rime stando le castagne,
con la paletta verso i bracieri in mucchio ha radunato
gli uomini -l'arak e le cittadine
lo sciroppo colorato.
E il suono delle voci arriva da giù.
Mentre dall'alto, ansando, l'olmo
getta nello sgomento il telo della tenda
e i rami traccia nella garza.
Guarda come l'Alpe è febbricitante!
Come è fedele alla casa ogni passo!
Oh sii radiosa, di grazia,
oh, di grazia, solo così.
Ma quando, tua cento volte più radiosa
micidiale bellezza e solo con essa
e fino al mattino con essa
tu sei d'estraneità inondata,
allora atropina e belladonna
un giorno instillate nell'angoscia,
anch'io, come te, avrò sguardo senza fondo,
anch'io, come te, dirò: sopporta.

1916

Boris Pasternak
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