Alda Merini

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Re: Alda Merini

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L'ora più solare per me
quella che più mi prende il corpo
quella che più mi prende la mente
quella che più mi perdona
è quando tu mi parli.
Sciarade infinite,
infiniti enigmi,
una così devastante arsura,
un tremito da far paura
che mi abita il cuore.
Rumore di pelle sul pavimento
come se cadessi sfinita:
da me si diparte la vita
e d'un bianchissimo armento io
pastora senza giudizio
di te amor mio mi prendo il vizio.
Vizio che prende un bambino
vizio che prende l'adolescente
quando l'amore è furente
quando l'amore è divino.

Alda Merini
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Re: Alda Merini

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«Ecco Casa Merini, un sogno e un dovere»
Nel giorno in cui la poetessa avrebbe compiuto 80 anni, apre le porte a Milano la Casa-Museo a lei dedicata. Un nuovo spazio per tenere vivi i suoi versi e il suo ricordo, ma anche per incoraggiare l’attività dei giovani creativi. Situata nei pressi della sua abitazione sul Naviglio Grande, la Casa-Museo è stata realizzata nella ex tabaccheria comunale di via Magolfa 32. Al primo piano della palazzina, l’edificio riproduce una delle stanze di casa della Merini e ospita un percorso poetico alla scoperta dei suoi versi e della sua vita. Il piano terra è invece destinato all’Atelier della Parola, con corsi e laboratori di poesia per i giovani . «La città di Milano deve tanto ad Alda Merini e oggi le restituiamo qualcosa, sperando di fare quello che lei avrebbe voluto» ha detto il sindaco Letizia Moratti. Ad accorrere all’inaugurazione sono stati oggi tanti amici della Merini, nonchè il fratello Ezio e una delle figlie, Emanuela, che l’ha ricordata auspicando che venga dato spazio anche a comicità e barzellette nella casa museo «perchè mia mamma amava i versi, ma amava anche far ridere». Tra chi ha reso omaggio alla poetessa anche l’attrice Valentina Cortese con 20 rose bianche.

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Il tinello pieno di libri e quadri, il televisore e il riscaldamento perennemente accesi, i numeri di telefono segnati sui muri, il pavimento cosparso di cicche di sigarette, l'inseparabile pianoforte. La casa di Alda Merini, in Ripa di Porta Ticinese 47 a Milano, era come la sua poesia, scriveva Piero Manni. "Vive di accumulo, aggiungendo immagine a immagine, con una semplicità e una innocenza che riscattano e sublimano qualunque esperienza come qualunque disordine"
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Bisogna avere in sè il caos per partorire una stella che danzi
(F. Nietzsche)


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Re: Alda Merini

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Meta di coraggio

Ascolta il passo breve delle cose
assai più breve delle tue finestre
quel respiro che esce dal tuo sguardo
chiama un nome immediato: la tua donna.
E’ fatta di ombre e ciclamini,
ti chiede il tuo mistero e tu non lo sai dare.
Con le mani sfiori profili di una lunga serie di segni
che si chiamano rime.
Sotto, credi, c’è presenza vera di foglie;
un incredibile cammino
che diventa una meta di coraggio.

(di Alda Merini)

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Re: Alda Merini

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Quelle come me sono capaci di grandi amori e grandi collere,

grandi litigi grandi pianti e grandi perdoni.


(A. Merini)
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Re: Alda Merini

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Terra Santa

Ho conosciuto Gerico,
ho avuto anch'io la mia Palestina,
le mura del manicomio
erano le mura di Gerico
e una pozza di acqua infettata
ci ha battezzati tutti.
Lì dentro eravamo ebrei
e i Farisei erano in alto
e c'era anche il Messia
confuso dentro la folla:
un pazzo che urlava al Cielo
tutto il suo amore in Dio.
Noi tutti, branco di asceti
eravamo come gli uccelli
e ogni tanto una rete
oscura ci imprigionava
ma andavamo verso la messe,
la messe di nostro Signore
e Cristo il Salvatore.
Fummo lavati e sepolti,
odoravamo di incenso.
E dopo, quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno.
Ma un giorno da dentro l'avello
anch'io mi sono ridestata
e anch'io come Gesù
ho avuto la mia resurrezione,
ma non sono salita ai cieli
sono discesa all'inferno
da dove riguardo stupita
le mura di Gerico antica.
Le dune del canto si sono chiuse,
o dannata magia dell'universo,
che tutto può sopra una molle sfera.
Non venire tu quindi al mio passato,
non aprirai dei delta vorticosi,
delle piaghe latenti, degli accessi
alle scale che mobili si dànno
sopra la balaustra del declino;
resta, potresti anche essere Orfeo
che mi viene a ritogliere dal nulla,
resta o mio ardito e sommo cavaliere,
io patisco la luce, nelle ombre
sono regina ma fuori nel mondo
potrei essere morta e tu lo sai
lo smarrimento che mi prende pieno
quando io vedo un albero sicuro.

[Da "La Terra Santa", 1984]

Alda Merini
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Re: Alda Merini

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Quelle come me

Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive.
Quelle come me donano l’Anima, perché un’anima da sola è come
una goccia d’acqua nel deserto.
Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi, pur correndo
il rischio di cadere a loro volta.
Quelle come me guardano avanti, anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano,
tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo.
Quelle come me quando amano, amano per sempre…
e quando smettono d’amare è solo perché piccoli frammenti di essere
giacciono inermi nelle mani della vita.
Quelle come me inseguono un sogno, quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero…
Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell’anima.
Quelle come me vorrebbero cambiare, ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo.
Quelle come me urlano in silenzio, perché la loro voce non si confonda con le lacrime.
Quelle come me sono quelle cui tu riesci sempre a spezzare il cuore,
perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla.
Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio, non riceveranno altro che briciole.
Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso, purtroppo,fondano la loro esistenza.
Quelle come me passano innosservate, ma sono le uniche che ti ameranno davvero.
Quelle come me sono quelle che, nell’autunno della tua vita, rimpiangerai per tutto ciò
che avrebbero potuto darti e che tu non hai voluto

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Re: Alda Merini

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E’ necessario che una donna lasci un segno di sè,
della propria anima, ad un uomo
perché, a fare l’amore, siamo brave tutte.


Alda Merini

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Re: Alda Merini

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Io volevo finire in te come un secondo respiro.

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Re: Alda Merini

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Pensiero, io non ho più parole.
Ma cosa sei tu in sostanza?
qualcosa che lacrima a volte,
e a volte dà luce.
Pensiero, dove hai le radici?
... Nella mia anima folle
o nel mio grembo distrutto?
Sei così ardito vorace,
consumi ogni distanza;
dimmi che io mi ritorca
come ha già fatto Orfeo
guardando la sua Euridice,
e così possa perderti
nell'antro della follia.

Alda Merini, da "La terra santa"
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Re: Alda Merini

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Il mio presepe privato

È Natale e sui Navigli, come in centro a Milano, non si riesce più a entrare nei negozi: i magri o i lauti stipendi consentono a tutti una ressa ingenerosa alla ricerca di una felicità che non c’è, o che almeno non si compra.
Io quest’anno ho spento le candele: tutti mi hanno invitato, ma quella notte non farò nulla di diverso, nulla che io non faccia sempre, proprio come quando ero bambina; al limite si cambiava stanza, si andava dalla camera al tinello per vedere se era arrivato Gesù, e per mangiare il panettone, che allora si chiamava “el pan de Toni”…
Ma oggi Milano si affanna a cambiare faccia, ad abbattere le nostre vecchie dimore per apparire moderna, così i rifacimenti delle case hanno abbattuto anche noi, gli anziani. C’è una bella poesia dialettale che dice “fai piano, ogni volta che dai un colpo al muro lo dai al mio cuore…”.
Casa: quanto la ami a Natale! Ricordo quando, sempre bambina, persi la mia, abbattuta anche quella: allora c’erano le bombe, ci rifugiammo chi nelle risaie e chi nei paesi limitrofi, dove tutti eravamo un po’ degli stranieri. Nei granai la sera recitavamo il rosario su dei pagliericci di fortuna, poi di giorno si andava nelle cascine in cerca di pane, in breve… si mendicava dai contadini abbienti. Oggi, invece, che abbiamo una casa non abbiamo più quella cortesia e quell’amore dei contadini. Io dormivo con una vecchia che ogni notte pregava la morte che la venisse a prendere, e avevo paura. Ma come bambina ho dovuto accontentarmi.
Adesso che sono un’anziana poetessa… continuo ad accontentarmi. Ma ripenso con nostalgia a quei Natali solenni, quando la mamma faceva enormi presepi, metteva le figurine dei pastori e i laghetti di specchio. Ci facevano trovare il carbone, alle volte, ma eravamo contenti lo stesso: poi, dietro il carbone, c’erano sempre tre caramelle. Però era arrivato Gesù, era questo che importava, vedere che sulla paglia del presepe qualcuno aveva deposto il bambino. E si pregava, si pregava insieme davanti a quella statuina, ignorando che il piede lieve della mamma era andato lì di notte per deporlo… Allora ignoravamo tutto della vita, anche il mistero della nascita, un evento che per noi cadeva dal cielo. La Madonna non appariva sorpresa, neanche San Giuseppe, e noi piccoli eravamo in un regno di favola bello che abbiamo perduto. Ci dimenticavamo dei doni e stavamo piuttosto a guardare quel bambino appena nato domandandoci se aveva freddo, ma la mamma ci diceva che aveva l’amore della Madre… Ecco, forse anche in tarda età chi mi scalda ancora nelle notti di solitudine è l’amore della mamma, che io amavo tanto e che credevo che, come Maria, non sarebbe mai morta.
Sì, si può morire d’amore per un uomo, ma quello che mi fece impazzire, forse, fu quella porta chiusa di mia madre dolcissima, che io credevo eterna, come tutti i figli.
E mi sono resa conto, a un tratto, che non avevo mai ascoltato i suoi lamenti tanto ero giovane. Ma quanto si paga la giovinezza! Anch’io, come le mie figlie, quando andavo a casa sua le portavo via gli oggetti più preziosi perché… nella mia casa sarebbero stati bene, e una madre si fa sempre derubare. A lungo andare morì, senza chiedere mai niente, ma era così felice della nostra gioia che forse non morì veramente mai. L’abbiamo derubata, ma soprattutto – e sembra un eufemismo – avremmo voluto (che Dio mi perdoni) portarle via quegli occhi, così verdi, così dolci, così innamorati di noi.
Sono passati decenni da quei Natali e ancora cerco l’odore dei mandarini o del bollito, che si mangiava solo quel giorno. Erano i nostri doni. Oggi invece si tende a saltare il Natale, si va direttamente all’arrivo dei Magi, ai doni, la nascita quasi non esiste più, forse perché le nostre donne non sanno essere madri. E i bambini, tra televisione e futili regali, sono i più grandi emarginati del nostro tempo: abbiamo rubato loro l’infanzia e la religiosità della vita.
Mi si chiede cosa vorrei trovare questa notte sotto il presepe: la mia Barbara, la mia Flavia, le mie figlie che mi furono tolte quando una maestra, assistente sociale, trovando che la casa non era ordinata me le portò via. Sono sempre stata una disordinata perenne, ma avevo quattro bambine felici alle quali suonavo le “nenie” di Natale. Andando in solaio ho trovato le mie vecchie famose poesie tutte imbrattate delle loro figurine: giocavano con le mie grandi poesie! Io non ho pianto su queste, ma su quelle figurine sì. Loro non sapevano cosa vuol dire genio, conoscevano solo due parole: mamma e bambino.
Il mio presepe privato.

da Avvenire del 21/12/2006
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