Tango in Autunno
Le piogge autunnali vanno vissute
Le lasci andare e ti sembran perdute
La pioggia compensa i silenzi calati
Lo sguardo si ferma ai vetri appannati
La luce degli occhi ti avvolge e ti scuce
Così d'improvviso un tango riluce
Eppure in questa malinconia
Si trova ovunque un po' di ironia
Vestiti bagnati, capelli afflosciati
Appaiono belli, per niente sguaiati
Talvolta è un balcone, tal'altra è un portone
Nei casi più pazzi sotto l'acquazzone
o sotto un ombrello
Oddio quanto è bello.
Esteban
L'autore, Esteban, narra che ha scritto queste rime di getto, su un tovagliolo di carta mentre era seduto nella Taberna del Alabardero sul lungomare di Puerto Torres, in Honduras, fu lì che venne ispirato dalla seguente scena.
Un uomo e una donna sorpresi da un temporale si erano rifugiati in un cortile circondato da portici e finestre, una di queste era accanto al tavolino dove era seduto il poeta.
Lei di bellezza e eleganza singolare, lui totalmente stravolto dal fascino di quella creatura. Sulle prime Esteban distolse lo sguardo, poi "attirato dalle linee di luce e di ombra" che il corpo della donna disegnava sul lucido lastricato e sul candore delle pareti, folgorato da" quegli occhi" decise di inserire qualche lempira in un vecchio juke box. Ne fuori un tango lento, lentissimo che giunse alle orecchie di quell'affascinante creatura che, imperiosa, si voltò verso la fonte di quelle note, fu allora che Esteban si raggelo' "come se qualcuno mi avesse lanciato un secchio di acqua di montagna in faccia" ma lei poi sorrise, e annuendo iniziò a dare vita a un'appassionata danza. I due si
muovevano l'uno nelle braccia dell'altro, ma l'uomo, poveretto, non era certo all'altezza di una simile danzatrice... e allora...allora la donna iniziò a spiegare passi e figure. Nel frattempo Esteban, rapito e soggiogato, provvedeva a inserire lempire nel juke box, e fu solo dopo un'ultima moneta che scribacchiò due rime e andò via. Turbato.
Ma fuori dalla taberna, affrontando la furia dell'uragano tropicale, Esteban sorrise.
L'uragano imperversava, ma era poca cosa. Ben più potenti erano le emozioni che si erano narrate ai suoi occhi.