Cesare Pavese

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Cesare Pavese

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Cesare Pavese

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« ora io credo che lo slang non è una lingua distinta dall'inglese come per esempio il piemontese dal toscano... Lei dice: questa parola è slang e quest'altra è classica. Ma lo slang è forse altra cosa che il tronco delle nuove parole ed espressioni inglesi, continuamente formate dalla gente che vive, come lingue di tutti i tempi? Voglio dire, non c'è una linea che possa essere tracciata tra le parole inglesi e quelle dello slang come tra due lingue diverse.. »

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Re: Cesare Pavese

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Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.

(Poesia tratta da: La terra e la morte)

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Re: Cesare Pavese

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Estate

C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.

Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un'erba che so,
con un tonfo. Cosí trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.

Cesare Pavese
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Re: Cesare Pavese

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Ascolti

La parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.

Cesare Pavese
(Poesia tratta da: Dopo)

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Re: Cesare Pavese

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Mito

Verrà il giorno che il giovane dio sarà un uomo,
senza pena, col morto sorriso dell'uomo
che ha compreso. Anche il sole trascorre remoto
arrossando le spiagge. Verrà il giorno che il dio
non saprà più dov'erano le spiagge d'un tempo.

Ci si sveglia un mattino che è morta l'estate,
e negli occhi tumultuano ancora splendori
come ieri, e all'orecchio i fragori del sole
fatto sangue. È mutato il colore del mondo.
La montagna non tocca piú il cielo; le nubi
non s'ammassano piú come frutti; nell'acqua
non traspare più un ciottolo. Il corpo di un uomo
pensieroso si piega, dove un dio respirava.

Il gran sole è finito, e l'odore di terra,
e la libera strada, colorata di gente
che ignorava la morte. Non si muore d'estate.
Se qualcuno spariva, c'era il giovane dio
che viveva per tutti e ignorava la morte.
Su di lui la tristezza era un'ombra di nube.
Il suo passo stupiva la terra.

Ora pesa
la stanchezza su tutte le membra dell'uomo,
senza pena, la calma stanchezza dell'alba
che apre un giorno di pioggia. Le spiagge oscurate
non conoscono il giovane, che un tempo bastava
le guardasse. Né il mare dell'aria rivive
al respiro. Si piegano le labbra dell'uomo
rassegnate, a sorridere davanti alla terra.

(Poesia tratta da: Paternità)

Cesare Pavese
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Re: Cesare Pavese

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Ho tentato di baciarti e tu mi hai morso


Ho tentato di baciarti e tu mi hai morso,
tutto tutto è perduto.
Possedevo un divino paradiso
in quei giorni lontani.
Vivevo in un altro sogno
che i timori malcerti
di una fine e i rimorsi
mi facevano solo più bello.
Ora ho perduto tutto.
Per volere sapere,
per il mio male implacabile
che non crede al futuro
mi sono gettato nel buio…

Cesare Pavese
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Re: Cesare Pavese

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C'è un'arte di ricevere in faccia le sferzate del dolore che bisogna imparare.
Lasciare che ogni singolo assalto si esaurisca;
un dolore fa sempre singoli assalti,
lo fa per mordere più risoluto e concentrato.
E tu, mentre ha i denti piantati in un punto e inietta qui il suo acido,
ricordati di mostrargli un altro punto e fartici mordere, solleverai il primo.
Un vero dolore è fatto di molti pensieri;
ora, di pensieri se ne pensa uno solo alla volta;
sappiti barcamenare tra i molti, e riposerai
successivamente i settori indolenziti.

(1982)

C. Pavese
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Re: Cesare Pavese

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Un falò di erbe secche
Di tutto quanto, della Mora, di quella vita di noialtri, che cosa resta? Per tanti anni mi era bastata una ventata di tiglio la sera, e mi sentivo un altro, mi sentivo davvero io, non sapevo nemmeno perchè. Una cosa che penso sempre è quanta gente deve viverci in questa valle e nel mondo che le succede proprio adesso quello che a noi toccava allora, e non lo sanno, non ci pensano. Magari c’è una casa, delle ragazze, dei vecchi, una bambina – e un Nuto, un Canelli, una stazione, c’è uno come me che vuole andarsene via e far fortuna – e nell’estate battono il grano, vendemmiano, nell’inverno vanno a caccia, c’è un terrazzo – tutto succede come a noi. Dev’essere per forza così. I ragazzi, le donne, il mondo, non sono mica cambiati. Non portano più il parasole, la domenica vanno al cinema invece che in festa, danno il grano all’ammasso, le ragazze fumano – eppure la vita è la stessa, e non sanno che un giorno si guarderanno in giro e anche per loro sarà tutto passato. La prima cosa che dissi, sbarcando a Genova in mezzo alle case rotte dalla guerra, fu che ogni casa, ogni cortile, ogni terrazzo, è stato qualcosa per qualcuno e, più ancora che al danno materiale e ai morti, dispiace pensare a tanti anni vissuti, tante memorie, spariti così in una notte senza lasciare un segno. O no? Magari è meglio così, meglio che tutto se ne vada in un falò d’erbe secche e che la gente ricominci.

La fine della guerra è stata l’occasione per uscire da una tragedia, da un immane dolore. Si è perso tantissimo. Ma "la gente" è rimastà e tutto è ricominciato. È questa anche per noi l’unica possibilità per ricominciare? "Un falò di erbe secche"?

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Bisogna avere in sè il caos per partorire una stella che danzi
(F. Nietzsche)


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Re: Cesare Pavese

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Quale mondo giaccia al di là di questo mare non so,
ma ogni mare ha un’altra riva, e arriverò.

Cesare Pavese

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Frances Ackland-Snow
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Bisogna avere in sè il caos per partorire una stella che danzi
(F. Nietzsche)


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Re: Cesare Pavese

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Ogni nuovo mattino, uscirò per le strade
cercando i colori.

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Painting Georgy Kurasov
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