Fernando Pessoa

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Silesia
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Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

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Il sogno

Tutto è sogno, se non si sa qual è la realtà.
Sogno di Fernando che ha fatto della sua vita un sogno, perché è un sognatore e sogna per non sentire e interrogare la vita;
ed è sogno perché niente assicura se ciò che circonda e se stessi siano reali, se abbiano un'esistenza propria,
e quindi tutto aleggia nel sogno, nel mistero, realtà e sogno si confondono, si compenetrano:

Niente si sa, tutto si immagina.
( da "Odi di Ricardo Reis" )

Sono quasi convinto di non essere sveglio.
Non so se non sogno quando sono vivo, se non vivo quando sogno, o se il sogno e la vita formano in me un ibrido,
un'intersezione dalla quale il mio essere cosciente prende fisionomia per interpenetrazione.
( da "Il libro dell'Inquietudine" )

Non oso guardare le cose. Come continua questo sogno?
( da "Il Marinaio" )

Un alito di musica o di sogno, qualcosa che faccia quasi sentire, qualcosa che non faccia pensare.
( da "Il libro dell'Inquietudine" )
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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »


Sensazione

I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
Fremo per la mia allegria.
A volte mi sento invadere da
una vaga, fredda, triste, implacabile
quasi concupiscente spiritualità.
Mi fa tutt'uno con l'erba.
La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
La brezza che sembra restia a passare scrolla
dalle mie ore rossi petali
e il mio cuore arde senza pioggia.
Poi Dio diventa un mio vizio
e i divini sentimenti un abbraccio
che annega i miei sensi nel suo vino
e non lascia contorni nei miei modi
di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.
I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
una vaga e tiepida anima-unità.
Come il mare che prevede una tempesta,
un pigro dolore e un' inquietudine fanno di me
il mormorio di un incalzante stormo.
I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
le loro interpresenze, e usurpano
gli uni il posto degli altri. Non distinguo
nulla in me tranne l' impossibile
amalgama delle molte cose che sono.
Sono un bevitore dei miei pensieri
L' essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima..
La mia volontà vi si impregna.
Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire
la bellezza nel dolore dei miei versi


Fernando Pessoa
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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

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Nella casa di fronte a me e ai miei sogni
che felicità c'è sempre!
Vi abitano persone sconosciute che ho già visto senza vedere.
Sono felici, perché esse non sono io.
I bambini, che giocano sugli alti terrazzi,
vivono tra vasi di fiori,
eternamente, senza dubbio.
Le voci che salgono dall'intimità domestica
cantano sempre, senza dubbio.
Sì, devono cantare.
Quando è festa qua fuori, è festa là dentro.
E così deve essere laddove tutto si adatta:
l'uomo alla Natura, perché la città è Natura.
Che grande felicità non essere io!
Ma anche gli altri non penseranno così?
Quali altri? Non ci sono altri.
Quanto pensano gli altri è una casa
con la finestra chiusa, o se si apre,
è perché i bambini possano giocare sulla veranda inferriata,
tra i vasi di fiori che non ho mai visto quali fossero.
Gli altri non sentono mai.
Chi sente siamo noi, sì, tutti noi,
perfino io, che ora non sento più nulla.
Nulla? Non so...Un nulla che fa male.

Fernando Pessoa
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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

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Mi sento multiplo.
Sono come una stanza dagli innumerevoli specchi fantastici
che distorcono in riflessi falsi un 'unica anteriore realtà
che non è in nessuno ed è in tutti.

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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

.
Che noi si scriva, si parli o solo si sia visti
rimaniamo evanescenti. E tutto il nostro essere
non puo' in parola o in volto giammai trasmutarsi.
L'anima nostra e' da noi immensamente lontana:
per quanta forza si imprima in quei nostri pensieri,
mostrando l'anime nostre con far da vetrinisti,
indicibi i nostri cuori pur sempre rimangono.
Per quanto noi si mostri continuiamo ignoti.
L'abisso tra le anime non puo' esser collegato
da un miraggio della vista o da un volo del pensiero.
Nel profondo di noi stessi restiamo ancora celati
quando al nostro pensiero dell'essere nostro parliamo.

Siamo i sogni di noi stessi, barlumi di anime,
e l'un per l'altri resta il sogno dell'altrui sogno.

Fernando Pessoa (1888-1935)

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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

.
La morte è la curva della strada

La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.

La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.

Fernando Pessoa

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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

.
In qualche luogo i sogni diventeranno realtà.
C'è un lago solitario
illuminato dalla luna per me e per te
come nessuno per noi soli.

Lì la scura bianca vela spiegata
in un vago vento non sentito
guiderà la nostra vita-sonno
laddove le acque si fondono

in un lido di neri alberi,
dove i boschi sconosciuti vanno incontro
al desiderio del lago di essere di più
e rendono il sogno completo.

Là ci nasconderemo e svaniremo,
tutti vanamente al confine della luna,
sentendo che ciò di cui siamo fatti
è stato qualche volta musicale.

Fernando Pessoa
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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

.
La Tabaccheria

Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.
Finestre della mia stanza,
Della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è
(E se sapessero chi è, cosa saprebbero?),
Vi affacciate sul mistero di una via
costantemente attraversata da gente,
Su di una via inaccessibile a tutti i pensieri,
Reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,
Con il mistero delle cose sotto alle pietre e agli esseri,
Con la morte che porta umidità nelle pareti
e capelli bianchi negli uomini,
Con il Destino che guida
il carretto di tutto sulla strada di niente.
Oggi sono vinto, come se sapessi la verità.
Oggi sono lucido, come se stessi per morire,
E non avessi altra fratellanza con le cose
Che un commiato, e questa casa
e questo lato della via diventassero
La fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiata
Da dentro la mia testa,
E una scossa dei miei nervi
e uno scricchiolio di ossa nell'allontanamento.
Oggi sono perplesso, come chi ha pensato e creduto e dimenticato.
Oggi sono diviso tra la lealtà che devo
Alla Tabaccheria dall'altra parte della strada,
come cosa reale dal di fuori,
E alla sensazione che tutto è sogno,
come cosa reale dal di dentro.
Sono fallito in tutto.
Ma visto che non avevo nessun proposito,
forse tutto è stato niente.
Dall'insegnamento che mi hanno impartito,
Sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.
Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.
Ma là ho incontrato solo erba e alberi,
E quando c' era, la gente era uguale all'altra.
Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona.
A che devo pensare?
Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?
Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!
E in tanti pensano di essere la stessa cosa
che non possono essercene così tanti!
Genio? In questo momento
Centomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,
E la storia non ne rivelerà, chissà? , nemmeno uno,
Non ci sarà altro che letame di tante conquiste future.
No, non credo in me.
In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!
lo, che non possiedo nessuna certezza,
sono più sano o meno sano?
No, neppure in me...
In quante mansarde e non-mansarde del mondo
Non staranno sognando a quest'ora geni-per-se-stessi?
Quante aspirazioni alte, nobili e lucide -,
S?, veramente alte, nobili e lucide -,
E forse realizzabili,
Non verranno mai alla luce del sole reale nè troveranno ascolto?
Il mondo è di chi nasce per conquistarlo
E non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.
Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.
Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.
Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.
Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,
Anche se non ci abito;
Sarò sempre quello che non è nato per questo;
Sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;
Sarò sempre quello che ha atteso che gli aprissero la porta
davanti a una parete senza porta,
E ha cantato la canzone dell'Infinito in un pollaio,
E sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.
Credere in me? No, nè in niente.
Che la Natura sparga sulla mia testa scottante
Il suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,
E il resto venga pure se verrà o dovrà venire,
altrimenti non venga.
Schiavi cardiaci delle stelle,
Abbiamo conquistato tutto il mondo prima di levarci da letto;
Ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,
Ci siamo alzati ed esso è estraneo,
Siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,
Più il sistema solare, la Via Lattea e l'Indefinito.
(Mangia cioccolatini, piccina; Mangia cioccolatini !
Guarda che non c'è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.
Guarda che tutte le religioni
non insegnano altro che la pasticceria.
Mangia, bambina sporca, mangia!
Potessi io mangiare cioccolatini
con la stessa concretezza con cui li mangi tu!
Ma io penso e, togliendo la carta argentata,
che poi è di stagnola,
Butto tutto per terra, come ho buttato la vita.
Ma almeno rimane dell'amarezza di ciò che mai sarà
La calligrafia rapida di questi versi,
Portico crollato sull'Impossibile.
Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,
Nobile almeno nell'ampio gesto con cui scaravento
I panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,
E resto in casa senza camicia.
(Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,
Dea greca, concepita come una statua viva,
O patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,
O principessa di trovatori, gentilissima e colorita,
O marchesa del Settecento, scollata e distante,
O celebre cocotte dell'epoca dei nostri padri,
O non so che di moderno - non capisco bene cosa -,
Tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!
Il mio cuore è un secchio svuotato.
Come quelli che invocano spiriti invocano spiriti invoco
Me stesso ma non trovo niente.
Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.
Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,
Vedo gli enti vivi vestiti che s'incrociano,
Vedo i cani che anche loro esistono,
E tutto questo mi pesa come una condanna all'esilio,
E tutto questo è straniero, come ogni cosa.
Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,
E oggi non c'è mendicante che io non invidi solo perchè non è me.
Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,
E penso: magari non ho mai vissuto, nè studiato,
nè amato, nè creduto
(Perchè si può creare la realtà di tutto questo
senza fare nulla di tutto questo);
Magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la coda
E che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.
Ho fatto di me ciò che non ho saputo,
E ciò che avrei potuto fare di me non l'ho fatto.
Il domino che ho indossato era sbagliato.
Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito,
e mi sono perso.
Quando ho voluto togliermi la maschera,
Era incollata alla faccia.
Quando l'ho tolta e mi sono guardato allo specchio,
Ero già invecchiato.
Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.
Ho gettato la maschera e dormito nel guardaroba
Come un cane tollerato dai gestori
Perchè inoffensivo
E scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.
Essenza musicale dei miei versi inutili,
Magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,
E non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,
Calpestando la coscienza di stare esistendo,
Come un tappeto in cui un ubriaco inciampa
O uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.
Ma il Padrone della Tabaccheria
s'è affacciato all'entrata ed è rimasto sulla porta.
Lo guardo con il fastidio della testa piegata in malo modo
E con il fastidio dell' anima che distingue male.
Lui morirà ed io morirò.
Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.
A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.
Dopo un po' morirà la strada dov'era stata l'insegna,
E la lingua in cui erano stati scritti i versi.
Morirà poi il pianeta ruotante in cui è avvenuto tutto questo.
In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente
Continuerà a fare cose simili a versi
vivendo sotto cose simili a insegne,
Sempre una cosa di fronte all'altra,
Sempre una cosa inutile quanto l'altra,
Sempre l'impossibile, stupido come il reale,
Sempre il mistero del profondo certo
come il sonno del mistero della superficie,
Sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè l'uno nè l'altra.
Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
E la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
Con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
E assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
E mi godo, in un momento sensitivo e competente
La liberazione da tutte le speculazioni
E la consapevolezza che la metafisica
è una conseguenza dell'essere indisposti.
Poi mi allungo sulla sedia
E continuo a fumare.
Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.
(Se sposassi la figlia della mia lavandaia
Magari sarei felice.)
Considerato questo, mi alzo dalla sedia.
Vado alla finestra.
L'uomo è uscito dalla Tabaccheria
(infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).
Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.
(Il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)
Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.
Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves! ,
e l'universo mi si è ricostruito senza ideale ne speranza,
e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso.

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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

.
Ricordo bene il suo sguardo.
Attraversa ancora la mia anima
Come una scia di fuoco nella notte.
Ricordo bene il suo sguardo. Il resto…
Sì, il resto è solo una parvenza di vita.
Ieri ho pesseggiato per le strade come una qualsiasi persona.
Ho guardato le vetrine spensieratamente
E non ho incontrato amici con i quali parlare.
D'improvviso mi sono sentito triste, mortalmente triste,
così triste che mi è parso di non poter
vivere un altro giorno ancora, e non perché potessi morire o uccidermi,
ma solo perché sarebbe stato impossibile vivere il giorno dopo e questo è tutto.
Fumo, sogno, adagiato sulla poltrona.
Mi duole vivere in una situazione di disagio.
Debbono esserci isole verso il sud delle cose
Dove soffrire è qualcosa di più dolce,
dove vivere costa meno al pensiero,
e dove è possibile chiudere gli occhi e addormentarsi al sole
e svegliarsi senza dover pensare a responsabilità sociali
né al giorno del mese o della settimana che è oggi.
Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d'offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale
che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.

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Re: Fernando Pessoa

Messaggio da leggere da Silesia »

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Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.
Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l’essere triste lume o un sorriso...
Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un’altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?

Fernando Pessoa
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