Thomas Stearns Eliot

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Silesia
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Re: Thomas Stearns Eliot

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Lirica

Se Tempo e Spazio, come i Saggi dicono,
sono cose che mai potranno essere,
il sole che non cede al mutamento
non è per nulla superiore a noi.
Così perché, Amore, dovremmo sperare
Di vivere un secolo intero?
La farfalla che vive un solo giorno
È già vissuta per l'eternità.

I fiori che ti diedi allorchè la rugiada
Tremolava sul tralcio rampicante,
prima che l'ape volasse a suggere
la rosellina di macchia erano già appassiti.
Così affrettiamoci a coglierne ancora
Senza tristezza se poi languiranno;
i nostri giorni d'amore sono pochi:
facciamo almeno che siano divini.

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Re: Thomas Stearns Eliot

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Mattino alla finestra

Sbattono piatti da colazione nelle cucine del seminterrato,
E lungo i marciapiedi che risuonano di passi
Scorgo anime umide di donne di servizio
Sbucare sconsolate dai cancelli che danno sulla strada.

Ondate brune di nebbia levano contro di me
Volti contorti dal fondo della strada,
Strappano a una passante con la gonna inzaccherata
Un vacuo sorriso che s'alza leggero nell'aria
E lungo il filo dei tetti svanisce.

Thomas Stearns Eliot
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Re: Thomas Stearns Eliot

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Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock

S'io credesse che mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria senza più scosse.
Ma perciocché giammai di questa fondo
Non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero,
Senza tema d'infamia ti rispondo.

Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l'insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono...
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d'ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si assopì.

E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere, « Posso osare? » e, « Posso osare? »
Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
Con una zona calva in mezzo ai miei capelli -
(Diranno: « Come diventano radi i suoi capelli! »)
Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento,
Con la cravatta ricca e modesta, ma asseríta da un semplice spillo -
(Diranno: « Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia! »)
Oserò
Turbare l'universo?
In un attimo solo c'è tempo
Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà

Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: -
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
Conosco le voci che muoiono con un morente declino
Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
Così, come potrei rischiare?
E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti -
Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
Come potrei allora cominciare
A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini? .
Come potrei rischiare?
E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte -
Le braccia ingioiellate e bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E' il profumo che viene da un vestito
Che mi fa divagare a questo modo?
Braccia appoggiate a un tavolo, o avvolte in uno scialle.
Potrei rischiare, allora?-
Come potrei cominciare?

. . . . . . . . . . . .

Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
D'uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?...

Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi

. . . . . . . . . . . . .

E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
Lisciata da lunghe dita,
Addormentata... stanca... o gioca a fare la malata,
Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
Potrei, dopo il tè e le paste e, i gelati,
Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,
Sebbene abbia visto il mio capo (che comincia un po' a perdere i capelli)
Portato su un vassoio,
lo non sono un profeta - e non ha molta importanza;
Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
E ho visto l'eterno Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
E a farla breve, ne ho avuto paura.

E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
E fra la porcellana e qualche chiacchiera
Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
D'affrontare il problema sorridendo,
Di comprimere tutto l'universo in una palla
E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -
Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
Non è questo, per niente. »
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,
Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose? -
E' impossibile dire ciò che intendo!
Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
Ne sarebbe valsa la pena
Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle,
E volgendosi verso la finestra, dicesse:
« Non è per niente questo,
Non è per niente questo che volevo dire. »

. . . . . . . . . . .

No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l'avvio a una scena o due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po' ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
E quasi, a volte, il Buffone.

Divento vecchio... divento vecchio...
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.

Dividerò i miei capelli sulla nuca? Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
Porterò pantaloni di flanella bianca, e camminerò sulla spiaggia.
Ho udito le sirene cantare l'una all'altra.

Non credo che canteranno per me.

Le ho viste al largo cavalcare l'onde
Pettinare la candida chioma dell'onde risospinte:
Quando il vento rigonfia l'acqua bianca e nera.

Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d'alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.

Thomas Stearns Eliot
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Re: Thomas Stearns Eliot

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Bisbigli d'immortalità


Webster fu molto posseduto dalla morte;
Sotto la pelle vide sempre il cranio;
E sottoterra creature scarne, ripiegate
All'indietro in un ghigno senza labbra.

Sostituiti ai globi, bulbi di narciso
Fissavano dall'orbita degli occhi!
Sapeva che il pensiero s'avvinghia a membra morte
Serrando ogni sua brama e ogni lussuria.

J. Donne, suppongo, fu un altro di quei tali
Che non riuscivano a sostituire il senso
Per afferrare, adunghiare e penetrare;
Vedendo anche più in là dell'esperienza

Egli conobbe l'angoscia del midollo,
La febbre di malaria dello scheletro;
Nessun contatto carnale possibile
Leniva la febbre dell'ossa.

. . . . . . . . . . . .

E Grishkin è graziosa; il suo occhio di russa
A sottolinearlo con estrema enfasi;
Senza corsetto, il suo busto amichevole
Offre promesse di piaceri pneumatici.

L'accucciato giaguaro brasiliano
Frena la piccola scimmia che fugge
Con la sottile effusione del gatto;
Grisbkin possiede una piccola casa;

Il levigato giaguaro brasiliano
Nella sua arborea oscurità non emana
Un fetore felino tanto forte
Quanto Grishkin ne emana in un salotto.

E persino le Entità Astratte
Fanno la corte alla sua grazia; ma
Il nostro destino s'insinua fra costole aride
Per tener calda la nostra metafisica.


Thomas Stearns Eliot


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Re: Thomas Stearns Eliot

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La morte per acqua

Phlebas il Fenicio, da quindici giorni morto,
Dimenticò il grido dei gabbiani, e il fondo gorgo del mare,
E il profitto e la perdita.
Una corrente sottomarina
Gli spolpò l'ossa in sussurri. Come affiorava e affondava
Passò attraverso gli stadi della maturítà e della giovinezza
Procedendo del vortice.
Genitile o Giudeo
O tu che giri la ruota e guardi sopravvento,
Considera Phlebas, che un tempo fu bello, e alto come te.


Thomas Stearns Eliot


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Re: Thomas Stearns Eliot

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Una partita a scacchi

Il Seggio sul quale sedeva, simile a un trono brunito,
Risplendeva sul marmo, ove lo specchio
Sorretto da colonne lavorate con tralci di vite
Fra le quali un Cupido dorato spiava
(Un altro sotto l'ala nascondeva gli occhi)
Raddoppiava le fiamme ai candelabri
A sette braccia rifiettendo sul tavolo la luce
Mentre lo scintillio dei suoi gioielli si levava
A incontrarlo, da astucci di raso versato
A profusione; in fialette d'avorio e vetro colorato
Dischiuse, i suoi profumi stavano in agguato, sintetici e strani,
Unguenti, polveri, liquidi - turbavano,
Confondevano e annegavano il senso nei profumi; spinti dall'aria
Che entrava fresca dalla finestra, ascendevano
Alimentando le fiamme lunghe della candela,
Soffiavano il loro fumo nei laquearia,
Animando i motivi del soffitto a lacunari,
Un bosco enorme sottomarino nutrito di rame
Bruciava verde e arancio, incorniciato dalla pietra colorata,
Nella cui luce mesta un delfino scolpito nuotava.
Sull'antico camino era dipinta,
Come se una finestra si aprisse sulla scena silvana,
La metamorfosi di Filomela, dal re barbaro
Così brutalmente forzata; eppure là l'usignolo
Empiva tutto il deserto con voce inviolabile
E ancora ella gemeva, e ancora il mondo prosegue,
" Giag Gíag " a orecchi sporchi.
E altri arbusti di tempo disseccati
Erano dispiegati sui muri a raccontare; forme attonite
Si affacciavano chine imponendo silenzio nella stanza chiusa.
Scalpicciavano passi sulla scala.
Alla luce del fuoco, sotto la spazzola, i suoi capelli
Si spiegavano in punte di fuoco,
Splendevano in parole, per ricadere in una cupa calma.

"Ho i nervi a pezzi stasera. Sì, a pezzi. Resta con me.
Parlami. Perché non parli mai? Parla.
A che stai pensando? Pensando a cosa? A cosa?
Non lo so mai a cosa stai pensando. Pensa."

Penso che siamo nel vicolo dei topi
Dove i morti hanno perso le ossa.

"Cos'è quel rumore?"
Il vento sotto la porta.
"E ora cos'è quel rumore? Che sta facendo il vento?"
Niente ancora niente.

E non sai
"Niente? Non vedi niente? Non ricordi
Niente?"

Ricordo
Quelle sono le perle che furono i suoi occhi.
"Sei vivo, o no? Non hai niente nella testa?"

Ma
0 0 0 0 that Shakespeherian Rag...
Così elegante
Così intelligente
"Che farò ora? Che farò?"
"Uscirò fuori così come sono, camminerò per la strada
"Coi miei capelli sciolti, così. Cosa faremo domani?
"Cosa faremo mai?"
L'acqua calda alle dieci.
E se piove, un'automobile chiusa alle quattro.
E giocheremo una partita a scacchi,
Premendoci gli occhi senza palpebre, in attesa che bussino alla porta.

Quando il marito di Lil venne smobilitato, dissi -
Non avevo peli sulla lingua, glielo dissi io stessa,
SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE
Ora che Albert ritorna, rimettiti un po' in ghingheri.
Vorrà sapere cosa ne hai fatto dei soldi che ti diede
Per farti rimettere i denti. Te li diede, ero presente.
Fatteli togliere tutti, Lil, e comprati una bella dentiera,
Lui disse, lo giuro, non ti posso vedere così.
E io nemmeno, dissi, e pensa a quel povero Albert,
E' stato sotto le armi per quattro anni, si vorrà un po' divertire,
Se non lo farai tu ce ne saranno altre, dissi.
Oh è così, disse lei. Qualcosa del genere, dissi.
Allora saprò chi ringraziare, disse, e mi guardò fissa negli occhi.
SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE
Se non ne sei convinta seguita pure, dissi.
Ce ne sono altre che sanno decidere e scegliere se non puoi farlo tu.
Ma se Albert si sgancia non potrai dire di non essere stata avvisata.
Ti dovresti vergognare, dissi, di sembrare una mummia.
(E ha solo trentun anni.)
Non ci posso far niente, disse lei, mettendo un muso lungo,
Son quelle pillole che ho preso per abortire, disse.
(Ne aveva avuti già cinque, ed era quasi morta per il piccolo George.)
Il farmacista disse che sarebbe andato tutto bene, ma non sono più stata la stessa.
Sei davvero una stupida, dissi.
Bene, se Albert non ti lascia in pace, ecco qui, dissi,
Cosa ti sei sposata a fare, se non vuoi bambini?
SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE
Bene, quella domenica che Albert tornò a casa, avevano uno zampone bollito,
E mi invitarono a cena, per farmelo mangiare bello caldo -
SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE
SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE
Buonanotte Bill. Buonanotte Lou. Buonanotte May, Buonanotte.
Ciao. 'Notte. 'Notte.
Buonanotte signore, buonanotte, dolci signore, buonanotte, buonanotte.

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smilla_e_la_neve
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Re: Thomas Stearns Eliot

Messaggio da leggere da smilla_e_la_neve »

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Siamo gli uomini vuoti

Un penny per il vecchio Guy Siamo gli uomini vuoti


Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
Le nostre voci secche, quando noi
Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell'erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti
Nella nostra arida cantina

Figura senza forma, ombra senza colore,
Forza paralizzata, gesto privo di moto;

Coloro che han traghettato
Con occhi diritti, all'altro regno della morte
Ci ricordano - se pure lo fanno - non come anime
Perdute e violente, ma solo
Come gli uomini vuoti Gli uomini impagliati.

Thomas Stearns Eliot
Se non puoi essere una via maestra, sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole, sii una stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.


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smilla_e_la_neve
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Re: Thomas Stearns Eliot

Messaggio da leggere da smilla_e_la_neve »

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Thomas Stearns Eliot (Saint Lous, Missouri 1888 – Londra 1965)

Di famiglia agiata, il padre è direttore di una fabbrica di mattoni e la madre discende da un’antica famiglia del Massachusetts, Eliot già a dieci anni mostra interesse per la poesia (le sue poesie sono stampate sulla rivista della scuola). Nel 1906 si s’iscrive all’Harvard University dove studia francese, tedesco, letteratura inglese, storia medievale e storia della filosofia. Nel frattempo, s’interessa di Dante e legge la Divina Commedia, segue un corso sui poeti metafisici e incontra Conrad Aiken un poeta che gli resterà amico per tutta la vita. Inoltre, legge saggi di Arthur Symons e rimane colpito dalla poesia di Jules Laforgue. Grazie alla lettura di The spirit of Romance di Ezra Pound scopre poi i provenzali e gli stilnovisti. Nel 1911 s’iscrive alla Sorbona e qui rimane per un certo periodo fino a quando rientra a Harvard per conseguire il dottorato in filosofia. Nel giugno 1914, conclusa l’università, passa prima per Parigi e in seguito, in Agosto, grazie a una borsa di studio, si stabilisce a Londra al Merton College di Oxford per seguire un anno di studi. Nella primavera del 1915 incontra Vivienne Haigh-Wood che sposerà il 26 giugno successivo. In autunno due sposi prendono in affitto una camera nella casa di Bertrand Russel e Eliot per far fronte ristrettezze economiche sopravvenute, il padre, infatti, disapprovando la sua scelta di proseguire la carriera accademica gli rifiuta ogni aiuto economico, è costretto ad accettare un lavoro come insegnante. Successivamente, grazie all’interessamento della famiglia della moglie entrerà, come impiegato nella Lloyds Bank dove rimarrà per nove anni. Nello stesso tempo, Eliot è nominato vice direttore della rivista "The Egoist" in cui lavora Ezra Pound nella sezione letteraria. Nel 1917 esce la sua prima raccolta di poesia Prufrock e altre osservazioni, nel 1919 e 1922 rispettivamente, Poesie e La terra desolata. Dal 1923 è direttore della rivista “The Criterion” poi della casa editrice Faber and Faber, mentre nel 1927 Eliot riceve la cittadinanza inglese e si converte all’anglicanesimo (nel 1933 si trasferirà a Londra nella parrocchia della St. Stephen's Churc, anglo-cattolica, e diverrà Vicar's Warden, la più alta posizione di un laico nella chiesa). E’ di questo periodo anche l’interessamento di Eliot per il teatro che si concretizza con la produzione di alcuni saggi e alcuni lavori quali, Assassinio nella cattedrale, La riunione di famiglia, Cocktail party, L’impiegato di Fiducia e Il grande statista.
Nel 1948 Eliot è insignito del premio Nobel per la letteratura.

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Re: Thomas Stearns Eliot

Messaggio da leggere da essenze »

Aprile è il più crudele dei mesi,
genera lillà da terra morta, confondendo
memoria e desiderio, risvegliando
le radici sopite con
la pioggia della primavera.

TS Eliot

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Bisogna avere in sè il caos per partorire una stella che danzi
(F. Nietzsche)


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Re: Thomas Stearns Eliot

Messaggio da leggere da essenze »

"In realtà non temiamo la morte, temiamo che nessuno noterà la nostra assenza,
che scompariremo senza lasciare traccia."

Thomas Stearns Eliot
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Bisogna avere in sè il caos per partorire una stella che danzi
(F. Nietzsche)


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