Foggia, ieri...

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Re: Foggia, ieri...

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Il 25 giugno 1797 a Foggia si svolsero le nozze reali del Principe ereditario Francesco II di Borbone e la principessa Maria Clementina d'Austria, con rito religioso in cattedrale e ricevimento nel Palazzo Dogana. Foggia divenne per qualche giorno capitale del Regno, con grandi festeggiamenti, allietato dalle famiglie più in vista dell'epoca: casati dei Freda, Celentano, dei Filiali e dei Saggese...contribuendo di ben 30.000 ducati e allietato anche con l'esecuzione dell'opera gioiosa: "La Daunia felice", composta per l'occasione da Giovanni Paisiello su libretto del foggiano Francesco Saverio Massari.
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Foggia
Gli sfossatori di grano '800
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la Capitanata in una incisione di Giuseppe Rosati (1808).
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La storia dei mercati foggiani risale al XIII secolo, quando il “Puer Apuliae” Federico II di Svevia scelse la città di Foggia come sua residenza invernale privilegiata, spostandovi per lunghi periodi dell’anno la corte imperiale.
L’imperatore cacciava nei boschi circostanti la città con i suoi amati falchi e proprio l’estesa superficie boschiva dell’epoca impediva il rifornimento di prodotti agricoli coltivati in loco.
Cominciò quindi a svilupparsi, su costante richiesta della tavola imperiale, la raccolta di funghi ed erbe spontanee selvatiche -- borragine, marascioli (senape selvatica), finocchietti, cicorielle, caccialepri, crispigni, cardoncelli – tutte molto apprezzate da Federico II, al cui gusto si deve infatti una delle preparazioni attuali più caratteristiche di questa terra, le “fogliammischate”: una mescolanza di erbe spontanee cotte assieme alla cotenna di maiale.
All'epoca, i raccoglitori di erbe spontanee si recavano ogni mattina dinnanzi agli spazi destinati alla pulizia ed alla preparazione delle verdure e svuotavano a terra il contenuto della propria raccolta, ottenendo in cambio il dovuto per il lavoro svolto.
Il rituale si ripete ancora oggi al “Rosati”: il produttore, raccoglitore, pescatore sversa il prodotto del suo lavoro dai contenitori usati per il trasporto sui banchi del mercato, ed attende il suo soldo.
Il passato riemerge continuamente da un banco all’altro del mercato. Dalle verdure al pescato locale, pesce azzurro e anguille di Lesina che Federico II ordinava il 28 maggio del 1240 a tale Riccardo Pucaro della Curia di Foggia: “Alla tua fedeltà ordiniamo che a Berardo cuoco della nostra cucina, tu faccia pervenire dei buoni pesci di Lesina ed altri dei migliori che si possano trovare affinché egli ne faccia per noi askipeciam…” l’attuale “Scapece”. Quella più apprezzata dall’Imperatore era di pesci azzurri ed anguille “di Lesina” tagliate in pezzi di 6-8 centimetri, infarinati e fritti, quindi conservati sott’aceto in botti di legno.
Foggia divenne in breve il punto di arrivo di merci da tutto il regno, i “buoni prosciutti” d’Abruzzo, barili di vino e forme di cacio dalla Sicilia, montoni e “bacche” dalla Calabria. Federico II diede inizio all’allevamento di polli, anatre ed oche, impiantò nuovi oliveti introducendo la varietà “Ogliarola” proveniente dalla Sicilia.
Questo ed altro ancora si respira tra i banchi del “Rosati”, prodotti e gesti giunti da lontano fino a noi.
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Fuggi da Foggia
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Quel Palazzo dei misteri
In via Le Maestre tracce di vicende boccaccesche e di suicidi
( di Carmine De Leo)

Di un decoroso palazzo gentilizio di Via le Maestre si parla in un vecchio processo del Tribunale Doganale, tra le cui carte non è difficile ritrovare vicende quasi boccaccesche.
All’inizio dell’antiva Via Maestra di Sant’Angelo, si erge in un tratto molto poco illuminato di questa vecchia strada del centro storico, un tenebroso e massiccio palazzo decorato con un severo portale ornato con bugne tonde a punta di diamante.
Il palazzo, di forma rettangolare, è uno dei più vasti del centro storico e conserva ancora i suoi due piani e nel complesso appare abbastanza immune da grossi rifacimenti; l’edificio appartenne a vari casati, tra cui si ricordano i Villani, i Trisorio, i Lignelli e, tra i più antichi proprietari, i Della Posta, duchi di Grottaminarda.
Il palazzo ospiterà spesso vari alti ufficiali dell’esercito con le loro bellissime consorti, tra esse si ricorda la splendida Eve, moglie del generale Salignac, nipote di un altro famoso generale napoleonico, G.B. Jourdan.
Una donna, la bella e giovanissima donna Silvia del Vasto, rampolla sedicenne di una delle più importanti casate gentilizie della Capitanata, abiterà negli appartamenti di questo sontuoso palazzo, ovvero in un misero stanzino, ove suo marito Giambattista della Posta, duca di Grottaminarda, l’aveva relegata, come espone nel 1748 la stessa Silvia in una sua supplica al governatore della Regia Dogana di Foggia.
La bella Silvia, stanca della sua disperata situazione, era riuscita a far pervenire segretamente la sua supplica lanciandola da una finestra posta sul retro del suo palazzo ad alcuni passanti, pregandoli di farla recapitare al governatore.
Dal testo manoscritto veniamo a sapere che il duca aveva cacciato di casa la suocera e consumava il suo patrimonio in scelleratezze e bagordi di ogni genere in compagnia della sua servitù e voleva far rinchiudere in convento la bella e giovane moglie Silvia del Vasto; il duca viene tratteggiato come una persona che ormai non era più in grado… di regolare gli affar suoi domestici e per la inclinazione che fa allo spendere senza riflessione si è reso in uno stato troppo deplorevole che gli manca spesse volte il modo di alimentare sé e sua moglie, ed oltre a ciò viene di continuo minacciato di carcerazione da suoi creditori.
Il duca era già orfano del padre e la madre, Saveria Coccia, è indicata come persona inferma, incapace di gestire il patrimonio del figlio, per la cui amministrazione il Tribunale della Regia Dogana sarà costretto a nominare un curatore speciale.
Il duca, intanto, già labile mentalmente, pare sia impazzito e si sia poi suicidato buttandosi per le scale del palazzo, che da allora ha fama di essere un edificio maledetto; infatti, proprio dopo la prima rampa delle scale che partono dal piccolo cortile interno, nel ballatoio del mezzo piano, in un angolo è possibile ammirare un grottesco mascherone che secondo la leggenda è la testa pietrificata del duca; esso è sorretto da una piccola mensola bombata ed ha una bocca molto larga e sproporzionata: un prezioso e raro spegnitorcia, antico strumento in cui venivano inserite le torce.
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Silesia
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Re: Foggia, ieri...

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Questa foto del 1910, ripresa nelle campagne del foggiano, ritrae una scena di vita quotidiana: l'acquaiolo che attinge acqua dal pozzo, per riempire i barili sul carro trainato opportunamente, da una coppia di buoi. Acqua che poi sarà trasportata in città, e distribuita a chiunque ne facesse richiesta.... ovviamente dietro retribuzione. Nel 1910, infatti, la città di Foggia, non era servita, da una rete cittadina, ma erano questi personaggi a rifornire le famiglie, di acqua per uso domestico. La rete cittadina venne costruita, dopo gli anni venti.
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smilla_e_la_neve
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Il palazzo reale di Federico II

Federico II fece costruire a Foggia una fastosa residenza «splendida di marmi, statue e colonne…» elevata al rango di regalis sedes inclita imperialis. Il Pacichelli ricorda i leoni di marmo, le colonne di verde antico, e altri ruderi: «…appariscono in più luoghi porzioni delle mura, rimaste dopo le più barbare prede. Costruttore della residenza imperiale fu il protomagister Bartolomeo da Foggia. Federico II fece numerosi soggiorni a Foggia e molto probabilmente nella domus; a Foggia morì l’imperatrice Isabella; a Foggia ricevuto l’Infante di Castiglia. A Foggia si svolse la riunione del “parlamento” del regno del 1240. Re Corrado radunò a Foggia un’altra assemblea nel 1252; nel 1260 Manfredi tenne nella città una curia solemnis dove erano riuniti, secondo Saba Malaspina, i nobili e i deputati degli insediamenti di tutte le provincie site a nord della Calabria; «…si trattava di prendere decisioni per mantenere la giustizia e assicurare il bene pubblico; la riunione fu l’occasione di feste, uomini furono armati, altri ricevettero dignità; il palazzo illuminato da enormi ceri, si che “nel combattimento dei giocatori la notte si converte in giorno.
Il palazzo fu luogo di memorabili feste organizzate dagli Svevi, il cui clima ci viene restituito in più luoghi dai cronisti coevi: Matteo Paris, in Chronicon, MGH, SS., XXVII, 61, racconta con quale fasto fu accolto a corte e festeggiato Riccardo di Cornovaglia al ritorno dalla Terrasanta e quali cose meravigliose e inconsuete lo dilettarono: «Frattanto il conte Riccardo di Cornovaglia, mentre andava dall’imperatore, attraversò molte città e fu sempre accolto con moltissima gioia e con rispetto; gli andarono incontro uomini e donne della città, cantano al suono dei tamburelli, ornati di rami e fiori, con bei vestiti festivi; diversi soldati cavalcavano cavalli di razza, con alla testa il comandante secondo le disposizioni imperiali. Quando il conte arrivò presso l’imperatore, fu accolto con onore, con scambievoli baci e abbracci, mentre i consiglieri applaudivano con entusiasmo. Indugiando quindi fra colloqui desiderati e conforti di vario modo, come si fa tra amici, si ritempravano per diversi giorni. Poi l’imperatore dispose che il conte si ristorasse con bagni, salassi e lenitivi medicamentosi in modo piuttosto blando e carezzevole, per riprendere le forze dopo i pericoli del viaggio per mare. Dopo alcuni giorni, con il benevolo permesso dell’imperatore, il conte Riccardo protrasse liberamente il desiderato colloquio con l’imperatrice, sua sorella Isabella d’Inghilterra. Per disposizione dell’imperatore, il conte assistette a numerosi spettacoli sconosciuti con strumenti musicali, preparati per rallegrare l’imperatrice, con vario piacere. Tra queste stupende novità ne apprezzò e ammirò soprattutto una. Due fanciulle saracene dal corpo elegante, salivano su quattro sfere poste sul pavimento, e ciascuna sottoponendo alle piante dei piede due sfere si muoveva in ogni direzione, battendo le mani, dove le portava l’ispirazione; esse si muovevano sulle sfere che ruotavano, contorcendo le braccia in diversi modi facendo spettacolo e cantando, ripiegando armoniosamente il corpo secondo il ritmo, muovendo e agitandolo senza stancarsi. Spettacolo mirabile, così si offrirono allegramente agli spettatori sia la e danzatrici che gli attori, percuotendo tamburelli e nacchere».
In un disegno cinquecentesco della città (conservato nella Biblioteca Angelica di Roma) si trova la più antica rappresentazione del palazzo imperiale, visto in corretto rapporto con l’assetto urbano. Il complesso sorge ai margini della città, in prossimità della Porta Grande. A nord si affaccia sulla Piazza della Pescaria.
«L’edificio, a due piani, presenta una corte bordata all’interno da costruzioni destinate ad alloggi, servizi, scuderie: su questo lato si apre nella cinta una grande arcata con l’androne d’accesso: qui doveva trovarsi l’ingresso principale, del quale ci è pervenuto l’archivolto a fogliami, su mensola-aquila. Si può supporre che la primitiva cinta fosse quadrangolare e tanto vasta da inscrivere palatium, cortili e impianti accessori. Oltre allo splendore di una residenza imperiale, il palazzo di Foggia doveva presentare dispositivi di difesa: esso è infatti ricordato come castrum munito di un balium (cinta). Per certo doveva essere di imponenti dimensioni se nel 1255, durante la lotta contro Manfredi, vi poterono trovare riparo le truppe pontificie, e più tardi, al tempo del re angioino Carlo I, vi fu accolta una folla di ospiti per festeggiare le nozze della principessa Beatrice».
Bibliografia: Foggia nel medioevo, Jean Louis Martin.
Architettura Sveva nell'Italia meridionale, M.S. Calò Mariani
G.Pacichelli: il regno di Napoli in prospettiva.
Disegno di Victor Baltard sull' opera di Alphonse Huillard-Bréholles
Ettore Braglia
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Silesia
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Re: Foggia, ieri...

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Cartoleria Dante inizi '900
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Re: Foggia, ieri...

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